Rudolf Steiner
COME SI OPERA PER LA TRI-ARCOLAZIONE DELL’ORGANISMO SOCIALE
[A cura di Nereo Villa, alias “Curato Chalét”]
SETTIMA CONFERENZA
Stoccarda, 15 febbraio 1921 (sera)
Ho già detto come l’uomo debba essere al centro delle conferenze per l’azione che si dovrà svolgere nei prossimi tempi. Se questo avverrà in pieno si potrà riparare una parte delle attuali concezioni del mondo, la parte che, come ho potuto mostrare nell’ultima conferenza, dovrebbe altrimenti condurre di necessità a catastrofi [avvenne infatti la seconda guerra mondiale, seguita da questa TERZA guerra mondiale, per ora occulta, denominata pandemia Covid che procede dal 2019 completamente ignorata da tutti a causa del golpe mafioso ed eversivo del 1989 che ne preparò l’humus nelle coscienze, prima con la frase fatta del debito pubblico, poi con quella del riscaldamento globale causato dall’uomo e, con l’arrivo del freddo (CHE NE È LO SMASCHERAMENTO ELEMENTARE), fino a quella odierna del Covid: tutte menzogne. In questa conferenza DI CENT’ANNI FA, Steiner illustra le frasi fatte delle menzogne del secolo passato, che furono e sono ancora credute da ogni de-pensante che si “rispetti” (e che Francesco Carbone chiama giustamente, e da veggente, masso-mafioso). È molto triste per me vedere tutto questo e constatare che i cotechini coprono i vostri occhi suini – ndc].
Si tratta ora di illustrare, almeno con esempi, l’asserzione che l’uomo vada posto oggi al centro delle considerazioni e delle misure in campo sociale. Oggi disponiamo di una somma di parole ad effetto, di frasi fatte. Sono diventate quasi esclusivamente frasi fatte le espressioni che molti rivolgono ai propri simili.
Viviamo nell’epoca della frase fatta, ma una realtà che sia retta e guidata da frasi fatte è destinata manifestamente a franare in sé stessa [in definitiva questo sembra un errore di Steiner, dato che a tutt’oggi, 2021, la realtà è ancora e sempre dominata da frasi fatte; evidentemente Steiner non poteva prevedere a che livello di imbecillità potesse giungere l’uomo nel 2021, forse perché aveva ogni sera una larga platea di seguaci. Ciò che comunque egli afferma non è inficiato da queste sua eccessiva fiducia nell’umanità, dato che i tardoni che lo seguono oggi (per mero affarismo) senza neanche leggerlo ma solo per chiedere soldi in ogni occasione ed allineandosi alla mafia di Stato, mostreranno sempre più la loro disonesta e spudorata dabbenaggine – ndc].
Questo fatto è in relazione con i fenomeni fondamentali della nostra attuale evoluzione storica. Se scegliamo tra l’insieme dei discorsi che si fanno oggi più di frequente sulla vita sociale, dai molti che vogliono intervenire in argomento udiamo affermare come sia ad esempio importante che il movimento proletario si sollevi contro la rimunerazione non lavorativa, contro il guadagno non lavorativo. Certo, dietro a queste rivendicazioni vi è pur sempre qualcosa di reale, ma è una realtà alquanto diversa da quella che intende la gente quando molto spesso esprime quelle rivendicazioni, perché è chiaro che non mediante concetti, bensì mediante l’osservazione dei casi sociali deve rivelarsi che cosa sia in effetti “la rimunerazione non lavorativa”. La gente si è espressa su questi argomenti nei modi più disparati. Ci furono quelli, e fra loro si annovera persino Bismarck, i quali, pur con altre parole, parlavano di “classi produttive” intendendo per lo più le classi lavoratrici; erano però dell’opinione che solo gli agricoltori, gli artigiani, quelli che lavorano manualmente, e altri rappresentanti di simili mestieri, fossero “persone produttive”, mentre i maestri, i medici e simili, non fossero “persone produttive” (cfr. Georg Brodnitz, “Bismarcks nationalökonomische Anschauungen”, Jena 1902: in diversi discorsi tenuti al Reichstag, Bismarck affermò che solo i lavoratori dell’agricoltura e dell’industria erano “produttivi”, mentre tutti gli altri non lo sarebbero stati. L’obiezione degli avversari di tale tesi è che quindi sarebbe produttivo chi alleva maiali e non chi educa bambini. Newton, Watt e Keppler non lo sarebbero, e invece, sì, un asino che tira l’aratro lo sarebbe). Cioè il lavoro del maestro non sarebbe un lavoro produttivo. Come forse già si sa, Karl Marx fece una volta un’affermazione economica che fu poi molto dibattuta, appunto sul “lavoro produttivo” che la gente voleva mettere in giusta luce: l’affermazione di Marx è quella ben nota del “contabile indiano”, l’uomo che, in un piccolo villaggio indiano dove tutti lavoravano manualmente (per seminare, mietere, cogliere frutta dagli alberi e simili lavori) era stato incaricato di tenere i conti di questi lavori. Marx decise in proposito che tutta l’altra gente di quel villaggio prestava “lavoro produttivo”, mentre quel povero contabile prestava un “lavoro improduttivo” vivendo improduttivamente del “plusvalore” che veniva detratto dal provento lavorativo degli altri. Da quel povero contabile indiano prendono le mosse molte illazioni divenute usuali in un certo settore del pensiero economico moderno. Usando lo stesso criterio di cui si è servito Marx per classificare il povero contabile indiano, si può naturalmente considerare l’attività del maestro di scuola, inserito nel processo sociale, come una “attività improduttiva”. Ma il caso può essere considerato anche diversamente: prendiamo un maestro di scuola che sia molto valente nell’esplicazione della sua piena umanità: egli educa e istruisce i bambini di una scuola elementare; per esemplificare il caso (senza per questo portare pregiudizio alla teoria), supponiamo che tutti i suoi allievi diventino da grandi calzolai. Per effetto dell’abilità educativa del maestro, per avere egli sviluppato capacità speciali nei bambini con il suo insegnamento, essi si inseriscono intelligentemente nella vita per il loro mestiere di calzolai; inoltre il maestro, con i suoi mezzi e col suo metodo pratico di istruzione, rende i bambini più abili, tanto che da grandi essi diventano artigiani che riescono a confezionare in dieci giorni una quantità di stivali pari a quella che gli altri calzolai confezionano in quindici giorni. Com’è allora la situazione? Secondo l’autentica dottrina marxistica, tutti questi calzolai prestano “lavoro produttivo”; anche i calzolai allievi del maestro, se non fossero stati educati con la sua straordinaria abilità pedagogica, o se il maestro fosse stato inabile, avrebbero reso lo stesso lavoro produttivo in quindici giorni invece che in dieci. Si teniamo ora in conto tutti gli stivali che quei bambini, divenuti calzolai adulti, producono nei cinque giorni risparmiati in conseguenza dell’abilità del loro maestro, si potrà ben dire che in ultima analisi quegli stivali li ha prodotti l’abile maestro; per lo meno nel processo economico, considerando il fatto nella prospettiva dell’economia politica, vale a dire sotto l’aspetto del sostentamento della gente, dunque in tutto il processo il maestro è il più produttivo. Egli in fondo continua a vivere negli stivali prodotti in quei cinque giorni risparmiati. Se dunque si guarda questo fatto con occhio miope, si arriva alla conclusione marxistica che chiama “lavoro produttivo” solo quello dei calzolai, e “lavoro improduttivo”, cioè lavoro che si sostenta con il plusvalore, quello del maestro; ma con tale modo di considerare la cosa si falsifica la realtà. Si può invece considerare il problema in modo tale che non si tenda unilateralmente verso l’una o l’altra direzione, ma che si afferri il processo della vita sociale nel suo complesso.
Se però si ragiona con la pura mentalità economica si deve dire: che cosa riscuote il maestro per il suo sostentamento fisico? nella prospettiva economica, differisce il suo salario da ogni altra rimunerazione? si distingue forse da ciò che (parlando marxisticamente) vien “detratto” dal puro lavoro fisico-corporeo, per venir consegnato a un’altra persona? Economicamente non si distingue affatto, perché le cose stanno in altro modo.
Se il cosiddetto plusvalore è adoperato per il maestro, è proprio questo cosiddetto plusvalore a scorrere produttivamente entro il processo economico nel modo che ho ora caratterizzato, ma che cosa avviene se viene consegnato a uno che vive di rendita, che si può denominare capitalista, cioè uno che non lavora, chiamato di solito “quello che taglia i coupons”? ora, nel fatto di tagliare i coupons si esaurisce forse il processo economico? Quell’uomo mangia e beve, si veste, e così via; non può vivere di “plusvalore”, ma vive del lavoro di altri. Egli è semplicemente un punto di commutazione di lavoro, sempre nel processo economico. Se poi si considera il caso oggettivamente, si può dire in sostanza che chi vive da redditiere capitalista, attraverso il quale si commutano i processi economici, è nella vita sociale come il fulcro di una bilancia fra le due braccia, e un fulcro ci deve pur essere nella bilancia; tutti gli altri punti della bilancia si muovono, solo il fulcro non si muove, ma ci deve essere: è il punto di commutazione. In altre parole: questo problema non si può risolvere in termini economici. Tutt’al più si può dire che quando questi fulcri, questi capitalisti “tagliatori di coupons” divenissero troppo numerosi, gli altri dovrebbero lavorare sensibilmente di più, o più a lungo. Nella realtà ciò non avviene però in nessun luogo, perché il numero dei capitalisti nel contesto di una popolazione non è mai considerevole; da come si prospetta oggi il processo sociale, non si otterrebbe quindi alcun risultato volendo variare le attuali condizioni. Dunque non è così che si può pensare su tutta la questione. Esaminando tutta la letteratura marxistica, si vede che proprio con l’obbligo che quella vorrebbe imporre per rendere responsabile qualcosa, si fa per dire, di tutti i difetti della vita sociale, qualcosa come la cosiddetta “rimunerazione non lavorativa”, si ottengono molteplici conclusioni per nulla decisive, in quanto del tutto insignificanti. Significherebbero qualcosa se potessero davvero mutare il processo economico, non riscuotendo i capitalisti più alcuna loro rendita; ciò però non si verifica e mai si verificherà.
Con questa modo di pensare [de-pensare – ndc] non ci si avvicina dunque alla soluzione.
Si tratta piuttosto di mettere bene in chiaro che questi fulcri ci devono essere per la commutazione, per lo scambio nella vita economica.
Vi è infatti un [solo – ndc] plusvalore che concorda economicamente e con esattezza con tutte le definizioni del plusvalore date da Marx, che concorda anche in tutte le sue funzioni, ragionando in termini economici, con le definizioni del plusvalore di Marx, ed è l’imposizione fiscale. L’imposta, come si forma e come funziona, è assolutamente la stessa cosa del plusvalore di Karl Marx. I diversi governi socialistici non hanno però mostrato, là dove sono sorti, di aver particolarmente combattuto il plusvalore nella sua veste di imposizione fiscale. Con questo si mostra l’assurdità delle teorie. L’assurdità delle teorie non risulta infatti mai dal confronto con la logica, ma sempre solo dal confronto con la realtà; e la rileva chiunque si sforzi di giudicare in base alla realtà.
Finché si rimane sul terreno della vita economica, è impossibile attribuire al concetto del plusvalore un senso ragionevole, perché nell’ambito della vita economica si trova solo lo scambio di processi economici, ed esso può solo avvenire nella misura in cui vi siano dei punti di commutazione. In termini strettamente economici, che questi punti di commutazione siano nello Stato o nei singoli capitalisti, è un fatto secondario [oggi, 2021, viviamo di fatto in un capitalismo corporativistico di Stato, detto “cosa nostra”, in cui nessuno più lavora e tutti litigano tra loro distanziati “socialmente” per paura di un bau bau detto virus da nosocomio o da manicomio, ecc., (non trovo altre caratterizzazioni migliori), che altro non è se non la nuova keynesiana forma di imposta fiscale o di rapina legale ma illegittima e illecita dei risparmi dei cosiddetti contribuenti tanto terrorizzati quanto morituri e per ora solo addormentati dalla TV – ndc].
A questo punto occorre accennare che tutto quanto si riferisce a un concetto come “rimunerazione non lavorativa” non deriva da pensieri di economia politica, ma solo da risentimenti verso chi percepisce tali “entrate non lavorative” in fondo viste come le entrate di chi non lavora, di chi non fa niente.
Così si introduce fraudolentemente nel pensiero economico un concetto giuridico, o persino moralistico. Questo è il fenomeno primario di tutta la questione.
In realtà si tratta di ben altro, proprio perché il nostro processo vitale umano, il corso della nostra civiltà non potrebbe mantenersi se si realizzasse la pretesa, avanzata da molti con lo slogan del “diritto al totale provento del lavoro” [faccio notare che l’elemento vitale umano del processo o del procedere nel corso della civiltà, in cui Steiner credeva ancora, non è altro che l’eterea o eterica energia di vita, che oggi 2021 è quasi del tutto spenta dalla massonica e mafiosa dittatura delle mascherine e del distanziamento sociale – ndc].
È infatti impossibile parlare di un intero provento del lavoro, quando ad esempio si riflette che, se sono diventato calzolaio e lavoro meglio di quanto avrei potuto farlo se non avessi avuto un abile maestro, perdo la possibilità di rivendicare il diritto all’intero provento del lavoro; da che cosa proviene infatti l’intero provento del lavoro? Non solo da tutto quanto risulta oggi. Il maestro che mi educò può essere morto da tanto: il passato si congiunge al presente, e il presente scorre nel futuro.
È assurdo voler considerare con concetti miopi l’apporto del singolo che si inserisce nell’intero processo economico. Ma vi sono nello stesso tempo degli altri aspetti della questione: da un lato è giusto affermare che nell’ambito del pensiero economico non si possa pensare che pervenga a una sola persona l’intero provento del lavoro, perché non se ne può nemmeno afferrare il concetto, non lo si può definire, contornare; è assurdo, non è possibile [dall’altro lato però – ndc] ci si accorge subito dopo, considerando la realtà, che in questa ci sono i punti di commutazione in persone alle quali arriva una porzione del provento del lavoro fisico di altri. Una tale persona può essere il maestro che presta un lavoro produttivo nel senso che prima illustrato. Ma supponiamo che non sia il maestro, ma in effetti un tagliatore di coupons, e consideriamone anzi due: uno di essi taglia al mattino i suoi coupons, poi, dopo la prima colazione, si accende un paio di sigarette, legge il giornale, va a spasso, a mezzogiorno mangia, poi si siede nella sua sedia a dondolo, si dondola un po’, poi va al suo circolo a giocare a whist o a poker, e così passa la sua giornata. E ora consideriamo l’altro, che taglia anche lui i suoi coupons al mattino, ma poi si occupa ad esempio della costituzione di un istituto scientifico, che evidentemente non potrebbe costituirsi se lui non potesse tagliare i coupons: se avesse dovuto essere istituito dalla gente che deve lavorare affinché lui possa tagliare i coupons, non si sarebbe certo costituito. Invece si costituisce e avviene che, forse dieci o vent’anni dopo, in tale istituto viene fatta una scoperta o un’invenzione importantissima, grazie alla quale si può prestare del lavoro produttivo in misura ancora più abbondante di quanto il maestro lo avesse potuto provocare nei suoi scolari, per quando fossero diventati bravi calzolai. Per quanto dunque vi sia una notevole differenza tra il tagliatore di coupons A e il tagliatore di coupons B, si può dire che il processo del tagliare i coupons nel suo complesso fu economicamente molto produttivo nella situazione generale della vita umana.
Questa però non è una questione risolvibile in termini meramente economici; la si può risolvere aggiungendo qualcosa alla vita economica, qualcosa che porti gli uomini, qualunque sia il modo in cui prelevano il loro sostentamento dalla comunità e poi restituiscono qualcosa attraverso il proprio essere, quando cioè vi sia una LIBERA VITA SPIRITUALE che stimoli gli uomini a non essere solo redditieri, ma a fare uso in qualche modo della loro energia spirituale, così come la posseggono, oppure anche della loro energia fisica, sempre come la posseggono.
PROPRIO QUANDO SI PENETRANO BENE LE COSE CON LO SGUARDO, COSÌ COME SONO NELLA VITA REALE, CI SI CONVINCE DELLA NECESSITÀ DELLA TRI-ARTICOLAZIONE DELL’ORGANISMO SOCIALE.
La conseguenza di questa penetrazione nella vita è rendersi attenti al fatto che tutto quanto oggi è propalato in economia, anche dai pratici, è in definitiva inservibile, per cui dovrà in definitiva farsi strada qualcos’altro nella testa della gente, e cioè vale la complessiva considerazione della vita che in definitiva conduce alla tri-articolazione dell’organismo sociale. Occorre dunque darsi da fare per diffondere sempre più queste idee, senza dimenticare di segnalare la miopia della vita pratica odierna. Due attività vanno abbinate: da un lato prospettare l’elemento positivo della tri-articolazione, e dall’altro esercitare la più severa critica sulle correnti culturali oggi più diffuse; pertanto ci si dovrebbe sforzare di conoscerle, per poterne fare la critica.
Solo facendo sì che la gente veda riflesse come in uno specchio le assurdità oggi esistenti, possiamo farci strada e riuscire. Ma di quanto così insegniamo, dobbiamo nel contempo dare un’immagine tale da far sentire che stiamo lavorando con concetti reali. Se qualcuno produce stivali è di certo produttivo; secondo i concetti marxistici un altro che fabbrica, diciamo, nei [cioè macchie – ndc] di bellezza è altrettanto produttivo quanto il primo, poiché se ci si basa semplicemente sulla prestazione di lavoro manuale, è manuale sia l’un lavoro che l’altro: per acquisire un’idea di come la prestazione di ciascuno prenda posto nel processo della vita sociale, va però considerato l’intero processo del lavoro in generale. La gente deve poter percepire questi fatti, altrimenti non si può procedere.
D’altronde siamo però costretti a rispettare le abitudini di pensiero dei nostri contemporanei. Non facciamoci quindi illusioni: quando ci presentiamo alla gente e la intratteniamo sugli argomenti di cui sto parlando, per un’ora o un’ora e un quarto, la gente comincia a sbadigliare; alla fine esce dalla sala ben contenta che si sia terminato, perché non vede l’ora di farsi un sonnellino riparatore. Trova infatti che è stato pesante, troppo pesante! La gente si è infatti disabituata dal seguire pensieri che siano suffragati dalla realtà. Siccome segue sempre solo astrazioni, alle quali si è abituata fin da quando sedeva sui banchi di scuola, a forza di seguire astrazioni si è fatta pigra a pensare. Dobbiamo tenerne conto, e farne uso, in modo che possa tornare utile. A tale scopo possiamo interpolare nelle nostre conferenze resoconti su quanto si è sviluppato dal movimento culturale ad orientamento antroposofico. Per interrompere talvolta una conferenza particolarmente pesante racconteremo alla gente non tanto aneddoti, che sono d’altronde molto accetti alle persone dal pensiero pigro, ma il migliore impiego del nostro tempo sarà quello di raccontare, divagando dal filo dei nostri pensieri, qualcosa sulla nostra Scuola Waldorf, sull’euritmia, sui nostri corsi al Goetheanum, sulla Società “Der kommende Tag” [casa editrice “The Kommende Tag”, letteralmente: “Il prossimo giorno”, “Il giorno che verrà”, “Il giorno veniente”, ecc.; la registrazione burocratica della cosiddetta società antroposofica avvenne a Stoccarda il 13 marzo 1920 con questo nome “Der Kommende Tag: Aktiengesellshaft zur Foerderung wirtschaftlicher und geistiger Werte”: “Il giorno a venire: SpA per la promozione di valori economici e spirituali” – ndc] (Per i corsi al Goetheanum sono intesi i cicli di conferenze che inaugurarono nell’autunno 1920 il nuovo edificio dei Goetheanum: cfr. “I confini della conoscenza della natura”, O. O. n. 332, Ed. Antroposofica, Milano 1979, e più tardi le conferenze pubbliche dal 3 al 10 aprile 1921, ora in O. O. n. 76, Dornach 1977; L’euritmia è un arte del movimento, inaugurata da Rudolf Steiner nel 1912, grazie alla quale divengono “visibili” il linguaggio e la musica. In tedesco vi sono quattro cicli di conferenze di Rudolf Steiner in argomento (O. O. n. 277, 277a, 278, 279); in italiano si veda di Lidia Baratto Gentilli “Euritmia”, Ed. Filadelfia, Milano 1983.). Tutto ciò interrompe il corso dei pensieri, portando all’uditorio una piacevole alternativa e permettendo alla gente di pensare meno. L’essenziale può venir differito a dopo [questo è purtroppo impossibile, almeno in Italia, dove le scuole Waldorf sono parificate a quelle statali, cioè anch’esse in mano a mammona; vedi per esempio la massoneria mafiosamente gesuitica di Tarditi e di molti altri imbroglioni dell’antroposofia fichteana – ndc].
Possiamo ad esempio fare un breve accenno a come sorse la Scuola Waldorf e a come fu organizzata; oppure possiamo accennare ai trenta docenti che a Domach, nei corsi superiori lì tenuti, cercarono di fecondare le scienze sulla base della scienza dello spirito [oggi, 2021, cioè dopo un secolo, dovrebbe essere il caso di distinguere tra Scienza con la “esse” maiuscola e “scienziaggine” o scienza di scienziati senza io, o imbroglioni, che si vendono alla masso-mafia di Stato per terrorizzare col Covid-19 le persone. Credo altresì che la dicitura “scienza dello spirito” o “scienza dello spirito ad indirizzo antroposofico” ottenga solo effetti di fraintendimento con lo spiritismo, dato che molti idioti laureati, sociologi, fisici, ecc., continuano a chiedermi cosa intendesse Steiner per “spirito”. Pertanto da questo punto della conferenza in poi sostituirò tali diciture con “Scienza” – ndc]. Quando parliamo e sviluppiamo queste idee, la gente non ha bisogno di riflettere su come ciò avvenga in particolare nella chimica, nella botanica ecc., ma si limita a idee generali, vaghe, così da approfittarne per distendersi brevemente e far riposare il cervello. Nei cinque minuti successivi potremo poi parlare di cose un po’ più difficili. Ma anche quei pensieri alternativi possono essere molto utili: ad esempio raccontando come nella Scuola Waldorf abbiamo compilato le pagelle, evitando di scrivervi: “quasi soddisfacente” o “appena sufficiente”, espressioni difficili da distinguere l’una dall’altra, e invece abbiamo fatto una piccola biografia per ogni bambino, con una poesiola che lo aiuta per la sua vita.
Non è necessario che la gente si renda conto delle difficoltà di questo metodo, ma si può anche render conto di quanto sia difficile trovare una poesia per ogni bambino; quando poi si espongono solo i risultati, allora tutto procede liscio, e la comprensione è facile. Possiamo anche raccontare qualcosa dello svolgimento pratico della scuola: così si può accennare all’organizzazione della Scuola Waldorf, come un po’ alla volta l’edificio è risultato troppo piccolo, come abbiamo allora dovuto costruire alcune baracche perché non avevamo abbastanza soldi per costruire un vero edificio. Può essere molto opportuno che talvolta si sappia della nostra mancanza di denaro: può avere un ottimo seguito. Insomma, se interpoliamo argomenti diversi nelle nostre considerazioni, sarà in primo luogo un’azione oggettiva, perché sono oggettivi gli argomenti stessi, e perciò anche un’azione giustificata; inoltre possiamo così creare una piacevole alternativa ai nostri ascoltatori. Possiamo raccontare anche dei nostri corsi superiori a Domach e a Stoccarda, e possiamo insinuare che a tutt’oggi il compito di tenerli grava in gran parte sulle spalle dei poveri insegnanti della Scuola Waldorf perché, oltre a loro, sono poche le persone capaci di lavorare nel senso della Scienza. La gente accoglierà con piacere la notizia che gli insegnanti della Scuola Waldorf siano tre volte sovraccarichi; ciascuno si immaginerà di esser pure lui sovraccaricato. Ecco che in questo modo, mentre parliamo di qualcosa che già esiste nel mondo esterno, indichiamo nel contempo fatti che la gente ascolta ogni tanto con piacere e che essa dovrebbe, anzi deve sapere.
Poi possiamo parlare anche della società “Der kommende Tag” cercando di dare un’immagine della sua organizzazione; lo si può invero anche leggere nei prospetti in circolazione, ma noi li commenteremo dicendo: evidentemente si vede che il Kommende Tag non corrisponde ancora tanto al giusto concetto di associazione (di associazioni parleremo domani) [“Der Kommende Tag” era anche una S.p.A. costituita in Germania nel 1920 per favorire iniziative economiche e spirituali; raggruppava un certo numero di imprese economiche che intendevano operare secondo i principi della tri-articolazione. Fu poi liquidata nel 1924 per le difficoltà insorte sia a seguito dell’inflazione galoppante in Germania, sia anche per la fine dell’azione diretta di Rudolf Steiner nel campo della tri-articolazione. Esisteva un’altra analoga società in Svizzera, denominata “Futurum” – ndc] e che la sua organizzazione si basa ancora molto sull’economia attuale; nello stesso tempo però diremo: questo lo sappiamo, ma sta a mostrare la necessità di cambiare la struttura economica perché, pur con le migliori intenzioni, partendo dalla vita economica attuale non si può realizzare l’associazione ideale.
È però necessario che nei nostri discorsi il nostro movimento sia preso come un tutto: prospettandolo alla gente occorre quindi che senza alcuna soggezione si caratterizzi l’orientamento antroposofico per un verso dal lato spirituale, ed entrando così nei particolari pratici del “Kommende Tag” [Edizione – ndc]. Nelle conferenze da tenere non sarà opportuno sollecitare subito una raccolta di denaro, ma potrà farlo qualcun altro che avvicini la gente dopo la conferenza: così sarà molto meglio e si dovrà farlo. Nella conferenza non sarà bene reclamizzare la cosa, ma si dovrà senz’altro mostrare che, al di fuori di ogni scopo egoistico, per promuovere la tri-articolazione occorre in primo luogo denaro, in secondo luogo denaro, in terzo luogo denaro; a seconda dei casi, nella triplice perorazione sul denaro, ognuno potrà accentuare a suo giudizio il primo appello al denaro e abbassare il tono sul secondo, oppure alzarlo ancora. Ciò potrà in qualche modo contribuire a dare maggior forma alla cosa. Dico tutto questo soprattutto per indicare che si deve badare al modo di esprimersi. Sotto un certo rispetto, entrando in sala, si dovrebbe provare il sentimento di come si dovrà parlare: in particolare si dovrebbe poterlo fare avendo a che fare con persone del tutto estranee. Se ne dovrà tenere il debito conto.
Non ci si presenti perciò alla gente avendo in mente un concetto prestabilito, ma invece ci si regoli secondo le circostanze. Ci si riuscirà comportandosi come ieri ho detto nel configurare e nell’esporre la conferenza.
Non dobbiamo in nessun caso tralasciare di indicare quello che già si è fatto quando abbiamo fondato la scuola, e cioè di indicare sempre anche le cose pratiche, perché è di questo che gli uomini del tempo presente hanno bisogno.
Sarà bene, mentre si descrive la tri-articolazione dell’organismo sociale, valersi a titolo illustrativo dell’organizzazione della Scuola Waldorf; e parimenti, quando si indicano i tratti della solita vita economica, trarre esempi dai programmi del “Kommende Tag”. Non dimentichiamo che è proprio con le conferenze che vanno chiaramente indicate al mondo le nostre iniziative [oggi, 2021, esse non sono più possibili perché in nome dell’economicismo arimanico si obbliga la gente al “distanziamento sociale”, terrorizzandola, affinché sperimenti sempre meno la vita del pensare e si abitui sempre più a S.p.A delittuose – ndc].
Dietro a tutto questo non si dimentichi che, come ho già detto più volte, in ogni angolo sono già pronti gli avversari in numero sempre crescente; non ci resta perciò molto tempo per far conoscere quel che vogliamo valorizzare e va valorizzato; dobbiamo quindi dare subito un inizio incisivo alla nostra azione.
A chi è già da tempo nel movimento antroposofico dirò che non dobbiamo seguire l’esempio corrente nel movimento stesso, nel quale i suoi partecipanti si interessano in genere troppo poco di quel che avviene nel mondo esterno. Siamo ora in un’epoca nella quale si deve invece sviluppare un acuto interesse per gli avvenimenti mondiali; da essi dobbiamo trarre i nostri esempi, su di essi dobbiamo esercitare le nostre critiche, e da essi dobbiamo mostrare la necessità del nostro movimento, sempre sottolineando che proprio tali avvenimenti possono condurre alla rovina la nostra civiltà.
Dobbiamo convincere la gente che, continuando col solito andazzo [keynesiano, politica economica, magna magna, cioè la mafia di Stato combattuta oggi solo – ma è già gran cosa, vista la completa alienazione a cui è stata condotta la gente – dall’APS Governo del Popolo di Francesco Carbone – ndc], il tramonto della civiltà moderna sarà certo, e che i paesi europei dovranno come minimo attraversare tempi terribili, se non pongono le basi per la ricostruzione in una vita spirituale davvero attiva e in una vita statale ed economica attivamente concepite [oggi, 2021, l’io è chiamato a misurarsi costantemente col mondo esteriore. Per io intendo l’uomo intero, integrale, non solo la sua testa. La nefasta separazione di scienza e religione genera la “scienziaggine” che nel 1968 era considerato complottismo: il nuovo ordine mondiale o NWO (New World Order). Con questa si manipolavano le masse. Il soggetto era il “noi” che già aveva sostituito l’io nella convinzione anglo-americana di aver dato vita, con la nascita degli USA, al Paese di un popolo eletto da Dio. Ma fu un fallimento, dato che gli USA sono solo il Paese più indebitato del mondo. Ciò è sapientemente occultato dai circoli anglosassoni (massonerie) al fine di continuare ad esportare il sionismo imbiancato dalla grande statua della libertà in tutto il mondo. Dal tempo di Goebbels, che insegnava che una menzogna ripetuta all’infinito diventa verità, si continua così ad esportare la massima civiltà della menzogna. È avvenuto perciò soprattutto dal 1968 che mentre l’american dream, la musica, l’abbigliamento, la politica, la cultura new age, tutto fu creduto espressione dell’eccezionalità nordamericana. In verità tutto ciò non era altro che l’eredità dell’Impero Romano. Gli ideali massonici della terra promessa erano quel sionismo che, a partire dalla Gran Bretagna e dall’America, Impero mondiale del pensiero unico, fece nascere prima gli Stati Uniti d’America, primo Stato mondiale, costituito da immigranti provenienti da ogni parte del mondo invece che da una sola comunità etnica, e poi l’UE, oggi creduta Stati Uniti d’Europa. Tutto ciò non fu altro che la “nuova Atlantide” anelata dall’elisabettiano John Dee e da Francis Bacon, sostenuta altresì dall’élite scientifico sacerdotale della teologia nelle sue varie forme, adatte alle circostanze e predicate poi come cristianesimo, una per ogni arco di tempo: per esempio: teologia dialettica (anni ’20), teologia della crisi (anni ’30), teologia della rivoluzione (anni ’60), teologia della liberazione (anni ’70), ecc. Ciò è qualcosa di veramente tremendo – ndc]. Dobbiamo togliere alla gente il vezzo di esprimersi in frasi come la seguente: può essere tutto bello nella tri-articolazione, ma per introdurla occorreranno non solo decenni, ma secoli. È un’obiezione che viene fatta spesso, ma essa non potrebbe essere più insensata [se nel 1921 era giustificato parlare così, nel 2021 non lo è più: la volontà degli uomini è stata crocifissa, addormentata completamente dalla TV; Steiner aveva criticato il cinema come invenzione che avrebbe limitato l’immaginativa umana ma non aveva previsto la TV e i suoi danni giornalieri in ogni focolare domestico, che imperano nelle coscienze da quasi un secolo – ndc], perché ciò che deve generarsi nell’umanità, specialmente negli ordinamenti sociali, dipende dalla volontà degli uomini, ben sorretta da energia e coraggio. Ciò che infatti può durare secoli usando indolenza e inerzia, può invece farsi alla svelta, applicando forze attive.
È comunque necessario presentare sempre di più ciò che può derivare dalla nostra scienza dello spirito, mettendo in rilievo le strutture della nostra iniziativa.
Non trascuriamo di segnalare anche le iniziative in corso qui a Stoccarda nell’Istituto medico terapeutico (Il “Klinisch-Therapeutisches Institut di Stoccarda fu fondato, dopo che Steiner aveva tenuto a Pasqua del 1920 il suo primo ciclo di conferenze per medici: “Scienza dello spirito e medicina”, O. O. n. 312, Ed. Antroposofica, Milano 1983, da Ludwig Noll, Otto Palmer, Felix Peipers, Friedrich Husemann. Fino al 1924 l’Istituto fu una sezione del Kommende Tag; poi, fino al 1935, proprietà di Otto Palmer), perché può essere che in un primo tempo proprio da tali iniziative la gente venga a conoscere meglio i frutti della Scienza.
Cercando di rendere plausibili alla gente cose di questo genere, non è affatto il caso che, allo scopo di promuovere il progresso dell’umanità, a lato delle concezioni della vecchia religione cattolica, della vecchia confessione evangelica, di quella ebraica, turca, ecc. o anche di ogni altra corrente settaria si proponga anche la concezione antroposofica del mondo.
Ciò potrebbe aver importanza solo per persone che si riuniscono una o due volte alla settimana per occuparsi appunto di questioni relative a concezioni del mondo: sarebbe allora certo di grande interesse soggettivo per tali persone, ma non per il mondo in generale al quale interessa solo una concezione del mondo e della vita che intervenga direttamente nelle questioni pratiche.
Di conseguenza oggi incontriamo anche troppo spesso persone che ascoltano volentieri e senza scandalizzarsi notizie sull’elemento eterno esistente nella natura umana, sulla vita dopo la morte, e persino sulle ripetute vite terrene, sulla legge del karma, e così via, ma al giorno d’oggi è assai più importante e più utile preporre alla gente la Scienza nelle sue applicazioni, per esempio nella medicina e nella terapia, finché ci si possa rendere conto realisticamente dell’incomparabile importanza per il mondo materiale delle conquiste fatte nel mondo dello spirito [per Steiner lo spirito è innanzitutto l’io che è vivente sovrasensibilmente in ogni essere umano – ndc].
Non importa infatti elevarsi astrattamente allo spirito, ma importa elevarvisi in modo che esso sia spirito vivente che abbia forza e robustezza a sufficienza per operare nella materialità.
Il pensiero d’introdurre lo spirito nella vita materiale nelle sue diverse varianti va preposto di continuo allo sguardo animico [nei vocabolari italiani non esiste l’aggettivo “animico”, quindi bisognerebbe parlare di sguardo superiore, terzo occhio, veggenza, visione sovrasensibile, ecc. – ndc] della gente, perché lo spirito non vuole fuggire la materia, vuole anzi governarla.
Ecco perché è nefando quello che scrive gente come Bruhn, l’autore del libretto “Teosofia e antroposofia” (Wilhelm Bruhn, “Theosophierende Anthroposophie”, Leipzig und Berlin, 1921), in cui muove all’antroposofia il rimprovero di voler introdurre nella vita di tutti i giorni l’elemento che dovrebbe librarsi nelle altezze del cielo, al di sopra della realtà, senza venir mai tirato giù nella realtà materiale. Non si possono immaginare peggiori guastatori della vita umana quanto simili maestri che si valgono dei pulpiti e delle università per somministrare simile roba alla gente. Eppure queste cose avvengono ogni giorno in tutte le varianti possibili. Specialmente oggi è all’ordine del giorno che la gente dica: già, l’antroposofia può essere un tentativo di approfondire singole scienze, ma essa non ha nulla a che fare con la religione, né con il cristianesimo. Poi viene e vuol dimostrare perché l’antroposofia non ha nulla a che fare con la religione e il cristianesimo, ed espone il concetto arbitrario che ha della religione e del cristianesimo, sostenendo che tali suoi concetti siano incontrovertibili. Se certe persone fossero almeno veritiere, si potrebbe avere dell’indulgenza verso di loro. Se venissero a dire: “Ecco, l’antroposofia si riferisce a sorgenti diverse da quelle di cui ho parlato finora dalla cattedra di teologia o dal pulpito; ora sono di fronte al dilemma se rinunciare alla mia professione e restare fatalmente senza sostentamento; preferisco rimanere nella mia professione e rifiutare l’antroposofia!”.
Questo tipo di persone non sarebbe da prendere molto sul serio come esponenti della vita civile, ma avrebbe almeno detto il vero.
Proprio come diceva il vero quel professore di giurisprudenza a Graz, che anno dopo anno dimostrava ai suoi studenti il libero volere umano dicendo: “Gli uomini hanno il libero volere, perché se non lo avessero non avrebbero neppure alcuna responsabilità per le loro azioni; in tal caso non ci potrebbero essere le pene, e neppure un diritto penale. Ma io che sono professore di diritto penale, non potrei allora tenere lezioni di diritto penale; devo invece tenerle in questa università: perciò deve esserci il diritto penale, devono esserci le pene, quindi anche la responsabilità degli uomini e di conseguenza anche il loro libero volere”. All’incirca così questo giurista spiegava anni or sono ai suoi ascoltatori di Graz il libero volere umano. Davvero non diceva nulla di diverso.
Secondo il medesimo schema potrebbero regolarsi anche i teologi, e altri ancora, se dicessero la verità.
Ma potrebbero anche vedere l’altro lato della cosa, e sarebbero altrettanto veritieri e meritevoli di indulgenza, dicendo: potrei prendermi l’incomodo di fondare a nuovo la religione e il cristianesimo.
Nel caso di professori universitari dovrebbero allora forse passare dalla facoltà di teologia a quella di filosofia (essendo già professori ciò sarebbe più facile che non nel caso di doverlo diventare, ma si riproporrebbe sempre la grave questione dello stipendio). Ma il fatto è che non vogliono prendere l’incomodo e usare la diligenza di rifondare religione e cristianesimo. Anche se volessero solo dichiararlo, sarebbero almeno onesti; invece avanzano ogni sorta di argomenti che non corrispondono alla realtà e che sono solo frasi decorative per mascherarla.
Noi però non possiamo avere alcuna indulgenza verso tali manovre; dobbiamo a questo punto stanare dal loro nascondiglio l’insincerità e la falsità per smascherarle senza alcun riguardo di fronte ai contemporanei.
E nemmeno dovremmo trascurare di segnalare la sciatteria di pensiero di molta gente; si manifesta nel non voler prendere certe asserzioni con il dovuto approfondimento morale.
Or non è molto, un tale udì come in una conferenza (conferenza del 3 dic. 1920 a Basilea) io accusavo pubblicamente la falsità del Frohnmeyer * che aveva descritto in modo tendenzioso e menzognero qualcosa esistente a Dornach, tanto da farlo apparire del tutto diverso.
Questo tale scusa il Frohnmeyer affermando che in effetti egli credeva che quel qualcosa apparisse così come lui lo descrive (nell’opuscolo di J. Frohnmeyer, “Die theoscphische Bewegung, ihre Geschichte, Darstellung und Beurteilung”, Stuttgart 1920, a pag. 107 era scritto: «Ora in Dornach è scolpita una statua alta nove metri che vuol rappresentare l’uomo ideale, in alto con tratti “luciferici” e in basso con caratteristiche animali. Questo uomo ideale”, spiega Steiner ai visitatori presenti, vuol essere l’immagine del Cristo». Questa descrizione venne presa dal Frohnmeyer, senza per altro dirlo, da una precedente descrizione del NydeckerRoos. Il “tale” di cui si parla nel testo è il prof. D. Gerhard Heinzelmann di Basilea che fece le sue asserzioni in un articolo: “Die Hetze gegen das Goetheanum”, pubblicato in “Evangelisches Missionsmagazin” 1921). Non mi interessa tanto di mostrare che il Frohnmeyer non dica il vero in questa occasione, ma che egli faccia asserzioni su qualcosa che esiste a Dornach, asserzioni che sono uno schiaffo alla verità. Chi così agisce in un punto, lo estende anche ad altri punti; egli è un teologo e insegna all’Università di Basilea. La teologia attinge a sorgenti che dovrebbero essere sorgenti di verità. Chi però rende testimonianza al modo di Frohnmeyer quando descrive la statua del Cristo come egli l’ha fatto, mostra che non ha alcuna idea di come si indaga la verità alla sua fonte. Se non stesse scritto nei libri di storia quando Napoleone è nato e quando è morto, egli potrebbe dire il falso anche su questi dati storici, se si mettesse a indagarli. Ecco perché mi importa che di questa gente sia smascherata l’azione corruttrice sulla storia contemporanea [oggi è ben raro che un sedicente antroposofo faccia opera similare di smascheramento; si trovano comunque persone non antroposofe come Francesco Carbone e Virginia Cerullo in grado di simile opera semplicemente per sanità mentale, logica di realtà, concretezza umana. Faccio notare che oggi, 2 marzo 2021, Francesco Carbone, fino a prova contraria, si trova agli arresti penali domiciliari proprio a causa di questa sua opera in campo giuridico (cfr. per esempio il contenuto del video “Guido Salvini. Il 1989. Casson & C. Magistratura del NOI e suo fallimento” in cui ne esamino la portata come “maledizione di Piazza Fontana”), senza la quale si potrebbe solo supporre che il governo unico mondiale o NWO si avvicini con ritmo crescente. In verità Carbone ha più volte affermato che il corpo del NWO non è più in formazione: è già formato da un pezzo! Ed è composto da computers, mass-media, servizi segreti, banche e multinazionali, sette occultistiche e nuove religioni, new age, ecc. Oggi ogni diversità, ogni io, è infatti ostacolato nel suo intervento se non conforme alla mafia di Stato. Perciò nel tempo della verità schiacciata anch’io ho rimosso ogni mio intervento youtube per poter esprimere liberamente i risultati scientifici delle mie osservazioni. Gli spazi del web si sono infatti ristretti e credo si restringeranno sempre più. La fuga dalla verità scientifica non è più possibile e non rimarrà che la lotta interiore per testimoniare un cristianesimo reale – ndc], e che si mostri che non sono degni del posto in cui sono stati insediati come conseguenza delle condizioni caotiche del nostro tempo.
Su questo punto non dovremmo in alcun modo essere indulgenti. E questo è quanto si riferisce al lato formale della nostra azione nelle prossime settimane.